Visualizzazioni totali

martedì 26 aprile 2016

La Dea Latona di Kailìa


La Dea Latona (Leto per i greci) era madre di Apollo e Diana (Artemide per i greci), e il nesso logico madre-figlio sta a latona-apollo come sant'anna-san rocco , la cosa si evince anche dal fatto che i latini usavano attribuire al dio della sorpassata religione anche le proprietà divine. 
Quanto segue il pezzo dell'articolo del 1987 della gazzetta del mezzogiorno:
"Presso la città sarebbero sorti santuari extraurbani dedicati alle divinità greche Apollo (in corrispondenza dell'odierna chiesa di San Rocco), Afrodite (sulla collina di Montevicoli) e sotto la Basilica di Sant'Anna nel corso dei lavori di sondaggio i frammenti di ceramica votiva e resti del tempio della Dea Latona madre di Apollo e Diana (Archivio 1987)".........

mercoledì 20 aprile 2016

Ceramica Messapica

Le comuni origini illiriche non erano sufficientemente vicine nel tempo, e i diversi influssi dovuti ai contatti con la civiltà villanoviana a nord, con quelle cretese-micenea a sud, e in seguito con le varie colonie greche, hanno portato a una marcata differenziazione nella tipologia dei vasi e della decorazione. Le fondamentali differenze con l'arte daunia e peucetica.
Molto si è scritto in questi anni su un particolare tipo di ceramica che, pur essendo contemporaneo della grande ceramica greca del periodo classico, se ne discosta notevolmente per l'originalità delle forme e dei motivi decorativi. Uno dei testi più recenti e dettagliati, che ci permetteremo di citare più volte, è quello di Maurizio Borda " Ceramiche Apule " che passa in rassegna tutte le produzioni di vasi delle Puglie, dall'epoca preistorica a quella del periodo ellenistico, fino quindi alla conquista romana.
Tali vasi appartengono alla grande famiglia del geometrico italiano che non ha però nessun legame cronologico con il classico periodo geometrico greco.
La divisione della Puglia preromana in tre regioni, la Daunia al Nord, la Peucezia al centro e la Messapia al Sud, secondo quanto dice Polibio (Storie 11, 24), è archeologicamente confermata dai diversi stili delle ceramiche rinvenute nei sepolcri. 
Appaiono infatti nelle forme e nella decorazione dei vasi caratteristiche che variano da regione a regione, e che esprimono aspetti culturali diversi. 
Le comuni origini illiriche non erano infatti sufficientemente vicine nel tempo, e i diversi influssi dovuti ai contatti con la civiltà villanoviana a nord, con la civiltà cretese-micenea al sud e in seguito con le varie colonie greche, hanno portato ad una marcata differenziazione nella tipologia dei vasi e della decorazione. 
La ceramica dauna è caratterizzata da singolari decorazioni plastiche, con probabile significato magico, applicate ai bordi delle brocche, le cui anse vanno a formare strane figure dalle lunghe orecchie appuntite, con le mani all'orlo del vaso, forse retaggio di antiche credenze animistiche. 
Il Borda analizza poi un'altra forma caratteristica di decorazione: sono le figurine stilizzate che decorano l'esterno dei vasi e l'interno delle tazze. Da un lato animali ridotti ai loro più semplici tratti distintivi, dall'altro " figure particolarmente considerevoli per la loro formulazione, con il corpo a triangolo pieno e con segmenti filiformi che se ne irradiano come braccia. Ciò esprime notevoli possibilità di astrazione e di senso decorativo e denota spiccate personalità dei vari artisti, perché non esistono due sole di queste figurine che si ripetano ". 
La ceramica peuceta sembra invece risentire maggiormente dell'influenza arcaica greca, dalle figurine umane con il corpo a doppio triangolo caratteristiche dello stile geometrico attico, alle file di animali che distinguono le ceramiche protocorinzie. Il tutto rivisto da artisti indubbiamente meno raffinati e più provinciali. 
Un altro ambiente di cultura artistica è quello della Messapia. La cultura messapica presenta aspetti assai diversi da quella dei Dauni e dei Peuceti e, malgrado la comune origine illirica, denota, con quella delle altre due province, solo occasionati e sporadici contatti. Sotto le molteplici influenze delle culture circostanti " i ceramisti messapici si mostrano dotati di gusto raffinato e di mano leggera. Mancano forse del fantasioso ed effervescente gusto dei Dauni, ma sono lontani dalla noiosa monotonia dei Peuceti ". 
Nella ceramica messapica è molto diffusa la pratica di suddividere le zone decorate in pannelli che contengono disegni stilizzati basati su tipi animali o floreali. Il Gervasio (1922) ha passato in rassegna e riunito molti dei motivi di presunta origine straniera, identificando fonti egee, micenee, greche, senza ignorare influenze villanoviane. 
Il Mayer distingue tre fasi della ceramica messapica: una con decorazione monocroma in una tinta opaca, un'altra decorata una tecnica bicromatica - nero opaco e rosso - infine nuovamente una decorazione monocromatica, con una tinta marrone ed un ritorno alla decorazione geometrica con un repertorio sempre ricco di motivi, frutto di una creatività spontanea ed indipendente. A Taranto è stato scoperto, anni or sono, un deposito di vasi che rappresentano il filone della cultura artigianale pre-greca, che risulta così attestata prima della fondazione della colonia, cioè alla metà circa dell'VIII secolo. 
In seguito, a Taranto sparisce la produzione messapica, soffocata dallo straripare delle importazioni, soprattutto di vasi corinzi. 
" La grande massa delle produzione di ceramica messapica si ripartisce quindi fra il brindisino e il Satento, ove il ruolo di continuare la produzione è affidato specialmente ai due centri dì Ceglie Messapica e di Rudiae. Da Ceglie proviene un gruppo di anfore tarchiate con alte anse a nastro, che preannunciano quelle " trozzelle " che saranno per secoli l'elemento più caratteristico della ceramica messapica ". 
Da Rudiae proviene invece un tipo di cratere con due anse a rotelle orizzontali, ornato con larghe fasce ed archi o con riquadri contenenti motivi vegetali o animali. 
Altri tipi di vasi hanno forma di palmipede o di botticella (Askòi), o sono pissidi con coperchietto e pomo di presa o crateri a colonnette e coppe emisferiche. O infine il caratteristico kalathos. 
Il posto di primo piano, nella matura produzione di ceramica messapica, è occupato da un singolare tipo dì anfora, di struttura generalmente biconica, con alte anse a nastro con rotelle plastiche. 
La sua forma insolita, la sua costante presenza nei corredi tombali, la sua diffusione circoscritta al territorio messapico fanno supporre che la sua funzionalità non fosse quella di un oggetto d'uso che il nome di " trozzella " (la carrucola applicata per attingere acque dai pozzi) le ha popolarescamente attribuito; le anse sono troppo delicate per assolvere funzioni pratiche ed il vaso ha un uso esclusivamente simbolico ed occupava evidentemente un posto importante nel rituale funerario, anche se la mancanza di fonti scritte ci impedisce di approfondirne il significato. 
Sembra che in un primo momento questi vasi fossero privi di rotelle, che vennero aggiunte poi, quando apparve il tipo standardizzato biconico con largo orlo piatto e quattro coppie di rotelle, due per ansa, che ,invade tutto il Salento. 
A Rudiae se n'è trovato un gruppo omogeneo che fa presumere la presenza di una fabbrica locale. 
L'ornamentazione è in genere a riquadri in ognuno dei quali c'è una figurina, vegetale o animale; sul resto del vaso sono dipinte fasce parallele. 
Le decorazioni geometriche comprendono triangoli, rombi, scacchiere, denti di lupo, clessidre ecc.; quelle naturalistiche palmette, foglie, rosette, boccioli, tralci d'edera e stelle di varia derivazione. Non mancano gli animali, felini, cervi, palmipedi, rappresentati con felici tratti stilizzati. La datazione di tali vasi è ancora controversa. Il ricorrere, nella decorazione, di motivi derivati forse dal repertorio greco orientalizzante, e l'accostamento, nei luoghi di ritrovamento, con ceramiche corinzie arcaiche, la risalire alcuni di essi fino all'VIII secolo a.C..
Nella decorazione delle " trozzelle " si può osservare la persistenza dei motivi stilistici originali, cui si associano volta a volta elementi vegetali di gusto orientalizzante, tipi derivati dalla ceramica arcaica come il cervo di tipo rodio o i galli affrontati calcidesi. 
Più in là si innestano figurazioni ispirate rate alla ceramica attica a figure nere e la forma stessa dei vasi si trasforma e si affina pur conservando intatto il lascino originale. 
La maggior parte delle trozzelle appartiene però al periodo detto di Gnathia, dal nome del paese ove sembra fossero fabbricate, e vanno quindi datate al IV e III sec. a.C.
Questo ci porta in pieno periodo ellenistico con l'ultima espressione originale della tradizione ceramica apula. I vasi di Egnatia hanno un fondo nero di sobria lucentezza sul quale è dipinta una caratteristica decorazione floreale in bianco e giallo con ritocchi in rosso. Sono tralci, grappoli, rosette a volle posti solo a delineare i bordi del vaso, e più spesso a riempirne tutta la superficie, inquadrando fra i rami fioriti figure di animali, testine dì profilo o figure intere: Satiri, Menadi, danzatori, maschere teatrali o strumenti musicali. Il tutto sobriamente accennato a rapidi tratti rivela una tendenza alla sola decorazione che nell'eleganza dei motivi vegetali si contrappone alla complicata decorazione narrativa dei contemporanei vasi apuli a figure rosse. Quest'ultimi nascono però dall'influenza dell'arte greca ed escono quindi dall'ambito dell'arte apula originaria che c'eravamo prefissi di illustrare brevemente. 






lunedì 18 aprile 2016

Il Mese di Venere

A circa 1 Km dall'abitato di Kailìa (Ceglie Messapica), sul colle Montevicoli (presso le omonime grotte) in età messapica si venerava la dea Afrodite, ciò è testimoniato dalle numerose iscrizioni in lingua messapica rinvenute presso le grotte con l'epigrafe APRODTA cioè Afrodite, oggi conservate nel Museo Provinciale di Brindisi. 
Molte lucerne votive sono state rivenute presso le Grotte di Montevicoli confermando quindi la devozione alla dea della bellezza. 
In epoca messapica (proprio come Monte Papalucio ad Oria ed altre città messapiche), la devozione delle divinità femminili avveniva proprio all'interno delle grotte, rappresentata dalle concreazioni di stalattiti e stalagmiti che omaggiavano la naturale bellezza della divinità. 
Il luogo di culto ad Afrodite (per i greci) o Venere (per i romani), ha raggiunto un particolare splendore in età romana (presumibilmente intorno al II sec. a.C.), dove nella prima settimana del  mese di aprile si festeggiava appunto il "Mese di Venere", tutte le donne della messapia si recavano al tempio con offerte votive da sacrificare in onore della dea ed esaltare le origini della potenza di Roma.

venerdì 15 aprile 2016

Terra dei Messapi, miti ed eroi

“Terra dei Messapi, miti ed eroi”, al Teatro Domenico Modugno di Aradeo (Le) il 23 aprile 2016 ore 21,00

Dalla piazza di Vaste, l’antica Baxta, al Faro della Palascìa (Otranto) e ora al teatro di Aradeo il 23 aprile alle ore 21,00. Lo spettacolo è rappresentato dalla Compagnia Ora in Scena!, ideato e diretto da Paolo Rausa. La Messapia, la terra fra i mari, la terra degli ulivi, la terra dei cavalli raccontiamo, la figura del principe Arta di Manduryon che, ispirato dalla filosofia pitagorica e sostenuto dal grande Pericle di Atene, realizza l’alleanza fra le città messapiche giungendo a liberare la sua terra dai tarentini. Il suo discorso ai principi messapici è un abbraccio ideale ai paesi del Mediterraneo, nel quale gli auspici di pace e di cooperazione fra i popoli fanno bene sperare per il progresso dell’umanità. Le danze per festeggiare la vendemmia (le feste Bisbee), le nozze di Arta con Lastenia e lo scontro con i tarentini sono proposte da Carmen Kalimba Kalimba Studio Dance di Carmen Quaranta. Info: www.orainscena.it, paolo.rausa@gmail.com, tel. 334 3774168. 
Al termine dello spettacolo i saluti messapici del prof. Fernando Sammarco, autore del libro ‘Arthas il Grande, Leone di Messapia’.