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lunedì 2 maggio 2016

Una domenica con i messapi

Per conto dell'amico Prof. Fernando Sammarco nonchè presidente de "La KIRKIA I LEONI DI MESSAPIA" pubblico:
Domenica 15 Maggio 2016
la gita sociale al PARCO ARCHEOLOGICO di EGNAZIA (visita guidata). 
Ingresso parco alle ore 11.00 precise.
Si accettano prenotazioni preferibilmente entro il 10 Maggio per confermare il numero esatto al 
responsabile della gestione del parco Dr. Angelo Tamborrino. E’ necessario essere puntuali per potere 
entrare tutti insieme ed usufruire della guida specializzata. Il costo complessivo è da €5,50 
(di cui €3,00 per l’ingresso e visita del nuovo Museo e 2,50 per la guida) 
Il rendez-vous per tutti sarà, quindi, all’entrata dell’area archeologica. 
Per coloro che aderiranno, si raccomanda la massima puntualità. Grazie.

Per il Convivio Sociale post visita archeologica e museale ho dato incarico 
all’associato Pasquale Murgolo, residente nelle vicinanze, di scegliere una bella 
struttura ricettiva, di cui Vi farò sapere in merito anche alla quota sociale.

Si può prenotare rispondendo direttamente a quest’email riferendo i nomi 
dei partecipanti o contattando i seguenti numeri telefonici 393-4557493 / 380-5159858

Un caro saluto dal Presidente 
con Timè kaì Areté
Onore e Virtù ai Leoni di Messapia 
non mancate...
***
Chi sono i Messapi?
Dopo l'età del bronzo (1200 a.C.) la Puglia ospitò una popolazione chiamata Iapigi, un’etnia costituita da Messapi (Puglia meridionale), Peucezi (Puglia centrale), e Dauni (Puglia settentrionale).
I Messapi furono un popolo dedito all’agricoltura ed alla pastorizia, riconosciuti anche come abili domatori di cavalli, tenaci combattenti a cavallo ed arcieri.
La scarsità delle fonti storiche non permette di conoscere con certezza le origini di questa etnia e degli Iapigi in generale. La prima fonte documentata fu scritta da Esiodo (poeta greco vissuto a cavallo fra l’VIII e il VII secolo a.C.), naturalmente più che di notizie storiche si tratta di tentativi di legittimare le origini degli Iapigi. Infatti il poeta identifica la derivazione del nome Iapigi da Ipeto (figura mitologica greca). Mentre secondo Erodoto (485-425 a.C.) i Messapi provengono dai Cretesi che in seguito ad un naufragio si stanziarono in Puglia prendendo successivamente il nome di Iapigi-Messapi.
Alcuni studiosi ritengono che il nome Messapi significhi popolo fra i due mari, altri credono che derivi dal nome del re Messalo.
In realtà le ipotesi storico-archeologiche sulle loro origini sono differenti e discordanti. Una cosa sembra essere certa, gli Iapigi sono frutto di mescolanze di popolazioni indigene presenti sul territorio sin dal Paleolitico con i vari flussi migratori che si susseguirono nel tempo nella penisola: micenei, popolazioni provenienti dall’Anatolia , dall’Epiro ed infine gli Illiri (popolazione proveniente dai Balcani).
Strettamente influenzati dalla cultura greca, gli Iapigi, ed in particolare i Messapi, furono in grado di mantenere una propria identità ed autonomia.
Paradossalmente, all’inizio del IV sec a.C., a pochi anni dalla battaglia delle Termopili che vide Leonida morire per difendere la libertà dei greci, i nostri antenati si ritrovarono a combattere per gli stessi ideali, ma questa volta gli oppressori furono proprio uomini di origine spartana (i nipoti ribelli di uomini spartani che nel VIII secolo abbandonarono la città natale in cerca di nuove terre fondando cosi Taranto).
Epica fu questa resistenza delle bellicose popolazioni iapigie al tentativo dei tarantini di recuperare schiavi. Nel 473 a.C. infatti i cavalieri Messapi e i combattenti Peucezi e Dauni inflissero agli ex spartani una tremenda sconfitta che determinò anche la caduta dell’aristocrazia tarantina. Erodoto racconta che fu la più grande strage a sua memoria. Causa di ciò fu l’invasione di Carbinia, (l’attuale Carovigno) da parte dei tarantini che, dopo averla devastata, rastrellarono donne e bambini, li denudarono, li ammassarono nei templi e gli esposero agli sguardi e alle angherie di chiunque avesse voluto soddisfare le proprie voglie.
Successivamente nel 338 a.C. Archidamo III (re spartano) attaccò Manduria, ma fu sconfitto.
I tarantini pensarono così di chiamare Alessandro Molosso di Epiro (zio di Alessandro Magno) ma questi, invece di combattere i Messapi, riuscì a far conciliare le due parti.
L’avanzamento delle popolazioni osche (indoeuropei di ceppo sannitico della Campania antica pre-romana) spinse i Messapi, i tarantini e romani, ad una alleanza al fine di fermare i Sanniti. Le prime due guerre Sannitiche (343 -304 a.C.) si conclusero con un accordo di non belligeranza fra romani e tarantini, con il quale i romani si impegnavano di non oltrepassare il Capo Lacinio . Ma nel 303 a.C. i romani non rispettarono il trattato ed entrarono con una nave nel porto di Taranto, scatenando così una guerra fra Taranto e Roma. Nel 280 a.C. i Messapi si allearono con Taranto e Pirro (nipote di Alessandro Magno) giunse in difesa dei tarantini con 30.000 uomini e 20 elefanti. Tutto ciò non fu sufficiente, infatti nel 275 a.C. i romani sconfissero le armate del re dell'Epiro. I messapi, nonostante la sconfitta dei tarantini, continuarono la lotta contro Roma fino al 266 a.C. anno in cui il Salento fu annesso allo stato di Roma ed i romani si impossessarono del porto di Brindisi.
I Messapi inizialmente formavano gruppi tribali, successivamente risentirono degli influssi ellenistici, in particolare dopo la fondazione di Taranto avvenuta nel 706 a.C.
Anche la lingua messapica, dapprima di impronta illirica, divenne successivamente laconico–tarantino. E’ possibile suddividere il tipo di scrittura in due fasi, quella arcaica e quella classica, differenziata sia dal verso che dalle proporzioni delle lettere. Si conservano nei musei di tutto il Salento circa 350 iscrizionimessapiche, testi non sempre facili da comprendere, in particolare quelle risalenti all’età arcaica.
Un grande studioso delle iscrizioni messapiche fu Francesco Ribezzo (archeologo e glottologo illustre - 1875-1952) al quale è dedicato il Museo Provinciale di Brindisi.
Originariamente questo popolo non viveva in vere e proprie città, ma in piccoli gruppi residenti in capanne sparse nel territorio. Gli abitanti dei capanni si riunivano nei centri fortificati per difendersi da attacchi nemici o per celebrare feste e riti. Secondo gli studi di Ippodamo da Mileto solo dopo il VII secolo a.C. l’urbanistica messapica risentì dell’influsso greco.
Anche la religione fu influenzata da quella ellenica e forte divenne il culto verso la dea Demetra, dea del grano e dell’agricoltura. Uno dei santuari più importanti dedicati alla dea e a sua figlia Persefone si trovava presso il Monte Papalucio ad Uria, l’attuale Oria.
I defunti inizialmente venivano inumati e coperti da cumuli di pietra, solo dopo il VII secolo a.C. iniziarono le sepolture in tombe ipogee detti a camera e a semicamera; all’estinto veniva posta una moneta in bocca come obolo per pagare il passaggio nell’aldilà, come già in uso nella cultura greca.
La Civiltà messapica
I Messapi inizialmente formavano gruppi tribali, successivamente risentirono degli influssi ellenistici, in particolare dopo la fondazione di Taranto avvenuta nel 706 a.C.
Anche la lingua messapica, dapprima di impronta illirica, divenne successivamente laconico–tarantino. E’ possibile suddividere il tipo di scrittura in due fasi, quella arcaica e quella classica, differenziata sia dal verso che dalle proporzioni delle lettere. Si conservano nei musei di tutto il Salento circa 350 iscrizionimessapiche, testi non sempre facili da comprendere, in particolare quelle risalenti all’età arcaica.
Un grande studioso delle iscrizioni messapiche fu Francesco Ribezzo (archeologo e glottologo illustre - 1875-1952) al quale è dedicato il Museo Provinciale di Brindisi.
Originariamente questo popolo non viveva in vere e proprie città, ma in piccoli gruppi residenti in capanne sparse nel territorio. Gli abitanti dei capanni si riunivano nei centri fortificati per difendersi da attacchi nemici o per celebrare feste e riti. Secondo gli studi di Ippodamo da Mileto solo dopo il VII secolo a.C. l’urbanistica messapica risentì dell’influsso greco.
Anche la religione fu influenzata da quella ellenica e forte divenne il culto verso la dea Demetra, dea del grano e dell’agricoltura. Uno dei santuari più importanti dedicati alla dea e a sua figlia Persefone si trovava presso il Monte Papalucio ad Uria, l’attuale Oria.
I defunti inizialmente venivano inumati e coperti da cumuli di pietra, solo dopo il VII secolo a.C. iniziarono le sepolture in tombe ipogee detti a camera e a semicamera; all’estinto veniva posta una moneta in bocca come obolo per pagare il passaggio nell’aldilà, come già in uso nella cultura greca.
Il simbolo di questo popolo è diventata la Trozzella, tipica forma della ceramica vascolare messapica. E' un’anfora dalla forma ovoidale più o meno rastremato al piede, con alte anse nastriformi, verticali, che terminano in alto, e all’attacco col ventre, con quattro trozze o rotelline plastiche, che presenta elementi decorativi geometrici come: cerchi, scacchiera, quadrati, triangoli, accanto ad elementi fitomorfi come fiori e foglie. La trozzella venne prodotta nel Salento nel VII e VIII secolo a.C. e risentì dell’influenza proto geometrica nata a Micene 1050 anni a.C.
Un altro tipico esempio di ceramica messapica sono i pesetti da telaio o piramidetti.
Gli insediamenti messapici 


I resti di insediamenti messapici sono sparsi in gran parte del Salento. Tra i più importanti sono, in ordine sparso, Brindisi (Brention), Oria (Orra), Valesio (Valesium), Muro Tenente (Scamnum - area archeologica tra Latiano e Mesagne), Ceglie Messapica (Kaìlia), Egnazia (Gnathia), Nardò (Neriton), Manduria (Mandyrion), Lecce (Rudiae), Cavallino (Sybar Sallentina), Otranto (Hydruntum), Vaste (Bastae), Alezio (Alixias), Gallipoli (Anxa), Ugento (Ausentum), Roca Vecchia, Muro Leccese e Soleto. In provincia di Brindisi altri ritrovamenti messapici sono stati effettuati anche a Pezza Petrosa nel territorio del comune di Villa Castelli, a Francavilla Fontana, e nell'area denominata Castello d'Alceste del comune di San Vito dei Normanni.